Non posso vivere senza viaggiare
soffro della sindrome di wanderlust?
Mi sono sempre chiesta perché ci siano persone che amano viaggiare, curiose di novità e di esperienze ed altre stanziali e poco predisposte a scali e trasferimenti. I primi girano il mondo mentre i secondi girano in luoghi familiari e tranquilli. Tra i due individui non c’è una differenza fisica o economica: sono felici entrambi delle loro attività e vacanze. Poi ho scoperto la sindrome di wanderlust.
Cos’è?
è contagiosa?
E’ una specie di virus latente e inguaribile, dovuto forse a batteri errabondi, che inibisce la stanzialità scatenando la malattia: la sindrome di wanderlust. I contagiati non hanno pace e la cura è circondarsi di guide turistiche, biglietti aerei e valigie da riempire. La loro vita è un inferno di imbarchi e sbarchi, corse ai gate e bagagli da ritirare. La sindrome di wanderlust è estremamente contagiosa: succede spesso che con l’unione tra un malato e uno stanziale, quest’ultimo cada nel baratro di Tripadvisor nel giro di poche settimane. Ma quali sono i sintomi? Vediamoli insieme.
Andare dove non sei ancora andato
vedere ciò che non hai ancora visto
Nulla può fermare la determinazione di un malato di wanderlust: deve raggiungere a tutti i costi il paese in cui non è ancora stato e trascorre molto del suo tempo a navigare (in modo anonimo, non si sa mai che alzino i prezzi…) tra le compagnie aeree per ricercare l’occasione della vita. Accumula punti e buoni per avere sconti su hotel o appartamenti e legge tutto ciò che può leggere sul paese di destinazione. Nulla infiamma il suo cuore e fa brillare i suoi occhi come il messaggio “prenotazione confermata”, niente è meglio del lampeggiare “now boarding” sul tabellone delle partenze.
Nostalgia per i viaggi passati
fotografie e ricordi
Quando il malato della sindrome di wanderlust incappa in articoli o post di viaggiatori che descrivono un luogo che conoscono, il cuore ha un sussulto e, avidamente, divora le parole cercando di ritrovare tra le righe qualche punto di riferimento ai propri ricordi. La nostalgia galoppa fino a esplodere nell’apertura della scatola dei ricordi o tra vecchie foto. Ma basta anche solo un odore per tornare con la mente nelle strade asiatiche o nel bush Africano o un sapore per pensare ad un ristorante di Hong Kong.
Programmazione continua
ossessiva compulsiva
Alla fine di un viaggio, chi è affetto dalla sindrome di Wanderlust non ha un attimo di pace. Non si rilassa abbandonandosi alla routine quotidiana rinvigorito dagli effetti del distacco dalla realtà del suo viaggio, anzi, ne esce ancora più carico per la programmazione del prossimo. Non solo comincia a vagare sulla rete a caccia della prossima meta, ma occupa il tempo a scrivere recensioni, opinioni e consigli. E magari ha anche un blog…
Mai più di due giorni nello stesso posto
forse c’è di meglio!
Se sa di viaggiare è felice. Se prepara i bagagli è contento. Quando arriva in un luogo è assetato di esperienze e comincia ad esplorare. Difficilmente rimane più di due giorni nello stesso posto, perché è sempre convinto di perdersi il meglio, perché oltre quella collina c’è lo spettacolo che aspetta da tutta la vita. La sindrome di wanderlust lo condiziona a scegliere spesso viaggi itineranti, con molti stop over, per avere la possibilità di vedere quanto più possibile.
Il suo interesse è profondo
curioso e aperto
Quando viaggia, nella sua mente ci sono molte domande. Di un paese bisogna conoscere l’origine, la storia, l’arte e la cucina. Bisogna inoltre osservare e interagire con la gente del posto e immaginare di trasferirsi e iniziare una nuova vita proprio lì. Il malato di wanderlust ci prova sempre: l’idea di un ciringuito sulla spiaggia lo sfiora ogni volta, ma la vita stanziale lo riempie di eritemi.
L’armadio del malato di wandelust
abiti senza confini
Aprire il suo armadio è come andare al Decathlon: dai pile ai costumi da bagno, dagli scarponi da trekking alle pinne e boccagli. Non manca poi il reparto esotico, composto da informi pantaloni con gli elefanti thailandesi e magliette degli Hard Rock Cafè più disparati. Non parliamo poi della chincaglieria femminile, che spazia dalle perline colorate africane ai bracciali da avambraccio asiatici.
Lasciatelo volare
ha bisogno di viaggiare
Non esiste cura per la sindrome di wanderlust, sono panacee momentanee e infinitamente piacevoli. Lasciatelo volare per il mondo, con il passaporto in mano e il sorriso sulle labbra. Dopo tutto non fa male a nessuno, anzi. Chi viaggia conosce e sa, apprezza e sceglie.
E voi? Siete già stati contagiati?
A me piace molto ritornare negli stessi posti nel corso del tempo: vorrei coglierne le sfumature, le abitudini, scoprire un itinerario poco battuto dai turisti e sentirmi una del posto. Ad esempio mi sono fatta della amiche ad Ancona e ogni volta che torno nelle Marche le chiamo e mi fanno sentire una del posto. Così come a Bologna!
Io sono una di quelle che quando legge i postblog è capace di avere un attacco di nostalgia per i posti visitati: mi piace vedere quello che hanno visto gli altri, come hanno vissuto quel luogo etc Invece mi diverto un mondo capire come i turisti vivono la mia città!
Anche io torneri ovunque sono stata, ma il fascino della novità è troppo forte e i posti ancora da vedere sono tanti….
Certo che mi conosci proprio bene per scrivere un articolo su di me! A parte gli scherzi, mi sento male! Sono io quella che descrivi!! Tutto!!! Salvo per il fatto che quando torno da un viaggio spesso ne ho 2 già prenotati e quindi magari mi metto a organizzare il terzo!! Va bene ho capito mi devo proprio preoccupare…. 🙂
Fidati, ho nel cassetto almeno 4 viaggi già programmati dettagliatamente. E’ una malattia, non c’è niente da fare.
ahah bellissimo questo post! Mi hai proprio divertita. La buttiamo sull’ironia, ma è proprio così: siamo malati! 😉
Un chiodo fisso. Solo chi ama viaggiare può capire!