Iquitos è un grande porto fluviale del Perù sul Rio delle Amazzoni, famoso per le crociere fluviali.
Iquitos è un crocevia di asiatici, i chinos, di indios della Selva, di meticci, di creoli, di quechua della Sierra, di europei e di gringos. Tutti avventurieri che popolano le notti di quella che è definita “la più grande regione forestale dei Tropici”.
In ogni caso a Iquitos l’inferno verde è a portata di mano. L’Amazzonia è dietro l’angolo, ma anche il degrado, i peccati e tutto quanto si tira dietro una grande città inserita in uno degli habitat più fragili del paese. E’ il regno dell’illegalità, il paradiso dei narcotrafficanti.
Ma l’estremo paradosso di Isquitos è che rappresenta il centro urbano più grande e popolato della terra non collegato da strade al resto del mondo. Perché non esistono vie di comunicazione che spingano fino a Iquitos. Ci si arriva solo con barche, navigando per almeno un paio di giorni, e aerei, con un volo da Lima.
L’unica carrozzabile si ferma a circa 60 chilometri,
eppure nelle sue calles circolano parecchie automobili, status symbol di improvvise e chiacchierate ricchezze, e un numero infinito di motociclette che fanno un baccano infernale e riempiono l’aria di gas di scarico. Un fiume ininterrotto e caotico che ogni giorno, dall’alba, occupa il Malecón Tarapacá e si spinge fino alla parte sudorientale di Iquitos, a Belén.
Belén ha case che galleggiano su zattere o poggiano su alte palafitte.
Lungo i suoi canali, passano battelli carichi di banane, ananas, canna da zucchero, legname, caucciù, pesce. Ma durante la stagione secca, da settembre a ottobre, il livello del fiume cala in media di 12 metri rispetto a quello massimo di aprile giugno. Da queste vie d’acqua allora, emergono strade ingombre di detriti. Ciononostante, nel loro centro si apre il mercato di Pasaje Paquito. E fra i richiami urlati dei venditori, gli spintoni dei compratori, e l’incedere lento dei facchini che risalgono l’argine del rio carichi dei sacchi enormi sbarcati dai battelli, si vende di tutto. Le merci più richieste sono le erbe medicinali e il chuchuhuasi, un forte analgesico e antidolorifico che in realtà pare che abbia effetti stupefacenti.
Poi denti di Piraña, corazze di armadillo, rane essiccate, viscere di coccodrillo, pelli di giaguaro, filetti di capibara e pelli di anaconda lunghe fino a 12 metri. Ma Pasaje Paquito è anche il centro di curanderos, brucos e sciamani che preparano pozioni misteriose e filtri d’amore contro impotenza e tradimenti.
Qui ecologisti, biologi, naturalisti, zoologi e backpacker si confondono nelle strade in terra battuta con i cercatori d’oro, i petrolieri, i narcotrafficanti e gli indios tatuati.
Ma alla sera ci si divide. Ognuno torna al suo posto e i turisti si rifugiano nei lodge costruiti sulle sponde del Rio delle Amazzoni, circondati dai castañas, i giganteschi castagni del Brasile i cui frutti vengono venduti dopo essere stati tostati e caramellati. Non è un film sono gli estremi della civiltà: oltre c’è la foresta.
Dev’essere un’esperienza pazzesca. In Perù ho visitato solamente Lima, Cusco e Machu Picchu, ma è stato proprio un colpo di fulmine. Credo anche che questa sia un’esperienza più autentica e meno battuta, quindi ne vale sicuramente la pena!
Credo sia stato il viaggio più faticoso della mia vita. Sono passati molti anni ma ancora me lo ricordo!